Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
L’obiettivo di fondo è “rispondere in modo più ampio e profondo ai problemi attuali della vita sacerdotale”. Quindi gli oltre 500 partecipanti al Simposio “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, in programma in Aula Paolo VI dal 17 al 19 febbraio, si confronteranno su tutti gli aspetti legati a tale tematica, partendo dalle radici e dagli insegnamenti del Concilio, fino ad arrivare ad un’analisi delle deformazioni del ministero, come abusi e potere, e di questioni complesse come quella del celibato, tornata recentemente di attualità. Il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, dicastero organizzatore del Simposio insieme al Centro di Ricerca e di Antropologia delle Vocazioni, illustra ai media vaticani obiettivi, spunti e novità dell’iniziativa che sarà aperta dal Papa.
Eminenza, perché la necessità di organizzare un simposio sul tema del sacerdozio?
Da alcuni anni, pensiamo al Sinodo sull’Amazzonia o ai diversi sinodi nazionali, viene toccata tale questione, e in particolare quella del celibato. A noi del Comitato scientifico per l’organizzazione del Simposio è sembrato necessario approfondire la tematica, soprattutto quella del sacerdozio battesimale. Nella cultura cattolica quando si parla di sacerdozio si pensa ai preti, ai ministeri ordinati, mentre il Concilio ha ristabilito un equilibrio tra il sacerdozio fondamentale dei battezzati e il sacerdozio ministeriale. Questo, tuttavia, non è ancora del tutto passato alla prassi pastorale e alla consapevolezza della missione della Chiesa che coinvolge anche tutti i battezzati. L’interesse principale dell’incontro è quindi di approfondire questo legame, per pensare meglio alla comunione delle vocazioni nella Chiesa, ma anche alla complementarietà degli stati di vita.
Chi parteciperà alle varie sessioni?
Abbiamo avuto finora circa 500 iscrizioni tra vescovi, preti, laici, religiosi. Una partecipazione molto variegata e soprattutto aperta a tutti.
Nei temi annunciati nel programma spicca quello del celibato, sul quale si è discusso di recente. Nella presentazione in Sala Stampa vaticana lo scorso anno, lei e altri relatori avete chiarito che non sarà un simposio sul celibato ma che verranno valutate “piste nuove”. In che modo e da quali prospettive verrà quindi affrontata la questione?
La dimensione del celibato sarà oggetto di studi specifici trattati da vari autori. Non posso prevedere ciò che si dirà, ma posso dire che il tema sarà certamente affrontato e non solo come risposta alle sfide attuali. Di sfide ne abbiamo: pensiamo alla problematica degli abusi, per la quale il celibato è messo in discussione. In un certo qual modo si deve rispondere o spiegare, ma si tratterebbe di uno studio che va oltre lo scopo del Simposio. Ho già detto in altre occasioni che per approfondire le cause della vicenda degli abusi, molto vergognosa per la Chiesa, ci vorrà uno studio anche teologico, storico, che non è ancora stato fatto. Gli studi svolti finora dai diversi Paesi, come Germania, Francia, Australia, sono a un livello più sociologico e culturale, ma non toccano in profondità l’aspetto teologico. Questo rimane ancora da fare, magari come approfondimento per una prossima edizione. Al momento, ripeto, questo va oltre l’obiettivo dell’imminente Simposio che vuole piuttosto ripensare la comunione delle vocazioni e anche ridare un po’ di entusiasmo per la fede e la missione della Chiesa.
Il ruolo delle donne, sia come tema che come presenza tra i relatori: quale e quanto spazio avrà in questi tre giorni?
Diverse donne interverranno proprio sulla problematica di donne e sacerdozio. In particolare ci sarà un panel tenuto da tre esperte che prenderanno posizione sulla questione tra la donna e il ministero.
Il Simposio sarà in qualche modo illuminato dal cammino sinodale avviato dal Papa?
Assolutamente. La ricerca si svolge proprio nel contesto dell’ascolto del popolo di Dio per una Chiesa sinodale. Ci vuole molto tempo nella Chiesa perché gli orientamenti di un Concilio arrivino davvero a una fiducia missionaria condivisa da tutti i fedeli. Abbiamo molta strada da fare ancora perché i battezzati capiscano che il loro Battesimo non è solo un passaporto per il Cielo, ma anche una responsabilità per comunicare al resto dell’umanità il tesoro che portano nel cuore attraverso la fede in Cristo.
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